Dal distanziamento sociale alla nuova socialità
Ormai da nove mesi conviviamo con un nemico invisibile difficile da arginare, almeno per ora. Destinato a passare alla storia con l’acronimo Covid19 (Corona Virus Disease 19). Mesi durante i quali la nostra vita è stata segnata da due parole: distanziamento sociale. Una scelta linguistica ingannevole che rischia di collegare la socialità a un concetto negativo. Non si tratta solo di una questione semantica, avremmo potuto parlare di distanziamento fisico riaffermando in tal modo la necessità per tutte le persone di rimanere socialmente vicine. Ma intanto le nostre consuetudini, i nostri riti, insomma la nostra vita ha subito profondi cambiamenti in ogni ambito: lavoro, scuola, tempo libero, vita associativa, famiglia, mobilità e trasporto, cultura. Senza dimenticare che la pandemia ha ulteriormente alimentato nuove povertà e disuguaglianze. Lo stesso modello di organizzazione urbana è stato da più parti messo in discussione e sul banco degli imputati sono finite le grandi città, le loro infrastrutture, i loro sistemi di mobilità pubblica e privata, la loro poca sostenibilità.
E ancora, quanto la paura percepita o reale ci ha cambiato nei nostri comportamenti, nelle nostre relazioni sociali, familiari e sentimentali costretti anche dai moltissimi provvedimenti assunti dalle autorità a vivere in un forzato isolamento?
Infine, cosa significa oggi tornare alla “normalità” consapevoli che nulla sarà come prima?
Ne parliamo con:
• Francesca Zajczyk
Professore ordinario di Sociologia Urbana presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca Sociale dell'Università di Milano–Bicocca
• Gloria Volpato
Psicologa, Psicoterapeuta, Fondatrice e direttrice del Centro Divenire
• Matteo Jarre
PhD Advisor, Sustainable Mobility and Energy - Decisio
• Vittorio Cogliati Dezza
Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità.
• Stefano Boeri
Architetto e presidente Triennale Milano