Paziente cirrotico e accesso alle terapie appropriate nella prevenzione delle complicanze
Le malattie croniche del fegato rappresentano un’emergenza epidemiologica e clinica sia a livello mondiale che nazionale. I dati del Global Burden of Diseases indicano che nel 2016, nel mondo, sono decedute 828.940 persone per epatocarcinoma e 1.256.850 persone per cirrosi epatica, determinando nello stesso anno rispettivamente circa 20 e 37 milioni di anni di vita persi. Lo stesso report stima per il 2040 un incremento del numero di decessi per carcinoma epatico e per cirrosi epatica rispettivamente del 100% e del 50%.
Le stime riferite all’Italia sulle persone colpite da cirrosi epatica, 180mila con un tasso di prevalenza dello 0,3% nella popolazione totale, fanno comprendere quale possa essere nel nostro paese l’impatto in termini di mortalità causato da questa malattia cronica multifattoriale, molto spesso sottovalutata a tutti i livelli: ogni anno, 10-15 mila dei 170 mila previsti in Europa.
Il 64% di questi decessi per cirrosi epatica sono alcol correlati. Da sottolineare anche che in queste statistiche non sempre vengono considerati i casi di mortalità per cancro al fegato, in gran parte dovuti alla cirrosi.
A questo occorre aggiungere che se la battaglia contro l’Epatite C è vicina ad esser vinta grazie alle nuove terapie introdotte nell’ultimo decennio, se i numerosi successi dei trapianti di fegato (dati 2019 del Centro Nazionale Trapianti 1.302) nei pazienti candidabili hanno salvato molte vite, questo ha portato e porterà un aumento della sopravvivenza dei pazienti con cirrosi. Infatti se sono oltre 100.000 i pazienti con cirrosi e malattia avanzata già curati dall’epatite C ma ancora a rischio di sviluppare un tumore del fegato (2018 prevalenza 33.000 casi accertati e stime incidenza 12.800/anno), ci sono almeno altri 100.000 casi correlati ad altre patologie come alcol, obesità, epatite B e certo non ultima la steatoepatite non alcolica (NASH) che segna un forte aumento.
La conseguenza è che nella vita restituita a molti cittadini, questa condizione di malattia cronicizzata, inciderà in maniera significativa sull’organizzazione socio-assistenziale e sull’impatto economico gestionale dei vari servizi sanitari regionali. Inoltre anche l’impatto economico rappresenta fonte di grande preoccupazione: nello stadio di malattia compensata (classe Child-Pugh A) i costi risultano 10 volte inferiori rispetto allo stadio di malattia scompensata (classe Child-Pugh C).
In funzione di questo scenario che si prospetta l’accesso facilitato alle terapie ed alla loro aderenza da parte del paziente è un obiettivo fondamentale da raggiungere nel breve-medio termine. Lo specialista deve prestare il proprio intervento per trattare precocemente e al meglio le complicanze cui incorre il paziente cirrotico.